Don Luigi Longhi – appunti biografici
Don Luigi Longhi nasce a Sala Baganza, provincia di Parma, il 14 ottobre 1939.
Il piccolo Luigi è il secondogenito di una famiglia che conta ben altri sette figli, tra fratelli e sorelle. Proprio le sue sorelle ricordano come, fin da piccolo, Luigi si rivelasse appassionato costruttore di “altarini” che elevava in angoli della casa come pure in solaio dove, imitando le funzioni religiose, invitava a partecipare fratelli ed amici.
All’età di 14 anni il parroco del paese Don Ermes Borsellini lo indirizza al Seminario Minore della diocesi di Parma, ma, questa prima esperienza seminaristica, viene ad essere interrotta, nel 1955, dal trasferimento di tutta la famiglia in quel di Curino (Bi) Per aiutare la famiglia il nostro Luigi svolge, per alcuni anni, il lavoro di macellaio e salumiere nel vicino paese di Brusnengo, ma il suo desiderio di essere prete finirà per portarlo, irresistibilmente, nel 1958, a riprendere la via del Seminario. In un primo momento si indirizza ad Anzano del Parco (Co) nel seminario della Congregazione del Servo di Dio don Guanella, ma poi sceglie di essere sacerdote diocesano compiendo gli studi liceali e teologici nel seminario maggiore di Vercelli.
Quasi a conferma di una vocazione che “intendeva abbracciare tutto il mondo”, al termine degli studi teologici, viene ordinato sacerdote a Roma, insieme al altri numerosi confratelli provenienti da tutti i continenti, da Papa Paolo VI, in una memorabile cerimonia in data 17 maggio 1970.
Nel frattempo, tra i compagni di seminario ed insieme ad alcuni amici, si fa promotore locale dell’iniziativa di aiuto missionario “Operazione Mato Grosso”, una realizzazione, questa, fondata dal salesiano don Ugo de Censi e, quindi, pochi mesi dopo la sua ordinazione, parte per il lebbrosario di Campo Grande, grossa città dello Stato del Mato Grosso in Brasile. Ci resterà per 18 mesi e sarà questa probabilmente l’esperienza che orienterà tutta la sua vita successiva. In lebbrosario, don Luigi si dedica, senza risparmio, a tutti i sofferenti ed ha occasione di percepire, in particolare, la necessità di dedicarsi, in particolare ai giovani, affinché questi possano avere un progetto di vita che vada al di là dell’esperienza di emarginazione che stanno vivendo.
Per loro, quindi, organizza incontri ed esperienze di lavoro comuni, nonché una refezione migliore.
Al rientro in diocesi, viene destinato come viceparroco alla neo costituita parrocchia dell’Aravecchia” dove ha inizio la storia di quella che diventerà, appunto, la “Comunità dell’Aravecchia” uno dei maggiori punti di riferimento dell’accoglienza e della carità vercellese. Nel 1976 assume l’incarico di parroco della stessa parrocchia.
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La Comunità è ormai numerosa e lo affiancano, ora, nel lavoro un gruppo di giovani vercellesi oltre alle suore di Santa Maria di Loreto che, già nel quartiere, conducono la Scuola Materna. Il progetto di don Luigi è quello di recuperare progressivamente tutto l’antico “casermone” dell’Aravecchia trasformandolo da simbolo di degrado ed emarginazione, a realtà di accoglienza e condivisione. I vincoli imposti dalla proprietà dello stabile impediscono però, la prosecuzione, nel tempo, di quest’iniziativa per cui, don Luigi decide di costruire, da zero, l’edificio dove i suoi sogni e i sempre più numerosi segni della Provvidenza lo indirizzano. Nel 1981 viene posta la prima pietra della nuova casa della Comunità, e nell’agosto 1984, don Luigi ed i suoi “ragazzi” possono finalmente trasferirvisi e dare vita ad una realtà educativa e di condivisione che continuerà, in modo estremamente positivo, nel tempo, fino ad oggi.
Proprio per provvedere alle necessità degli ospiti che, oltre ad un tetto e ad un posto a tavola, necessitano soprattutto di lavoro dignitoso e stabile, nascono, in sequenza, l’Associazione don Luigi, nel 1984, con l’intento di dare stabilità a tutte le iniziative che man mano vengono intraprese, quindi: la Cooperativa, nel 1990, che si dimostrerà un formidabile datore di lavoro per centinaia di persone, sia della Comunità sia nella città.
Il 28 ottobre 1990 l’Arcivescovo Mons. Albino Mensa consacra la nuova chiesa di San Pietro Apostolo, opera che completa l’intero complesso iniziato con la Casa della Comunità.
Amante dell’arte e delle cose belle, con questa realizzazione, don Luig sviluppa e consolida una serie di contatti e collaborazioni col mondo artistico a cui annuncerà, con la semplicità della sua vita così generosamente condivisa, la carità evangelica affinché essa diventi fonte di ispirazione per la realizzazione di opere d’arte moderne, attuali e, soprattutto, espressive del perenne annuncio dei vangeli.
Collaborazioni di successo che, nel 1999, presso la frazione di Rongio “Molin Camillo”, comune di Masserano, porteranno all’inaugurazione della monumentale “Via della Croce” svolgentesi secondo un tracciato che si snoda lungo il fluire di un’antica roggia molinara, e che ospiterà gruppi monumentali di giovani artisti piemontesi. Sempre nella stessa frazione viene eretta la deliziosa cappella dedicata alla Trasfigurazione ed affrescata, con inventiva ed originalità, secondo la più genuina tradizione iconica.
La Comunità dell’Aravecchia e la sua Casa della Comunità, in quegli anni, diventa meta, porto e rifugio, di un’immigrazione sempre più numerosa, varia e bisognosa. Accanto alla casa di Vercelli altre due convivenze vengono avviate: una presso il già citato Molin Camillo e l’altra al Molinetto, sotto il comune di Tronzano.
Dal suo instancabile dedicarsi agli altri nasce, nel 1998, l’Associazione Raggi di Sole che riunisce i genitori ed i parenti di coloro che hanno perso prematuramente i loro cari. Con essa vedono la luce, pure, molte delle ultime grandi iniziative di don Luigi, tra le quali, nell’anno 2000: la Campana della Vita che vedrà il relativo pellegrinaggio per la papale benedizione a Roma, nonché l’anfiteatro, realizzato intorno alla stessa campana, e decorato da viti in bronzo fuso che riportano sulle foglie i nomi dei “raggi di sole” ovvero delle giovani e dei giovani prematuramente scomparsi.
Nonostante tutte queste realizzazioni che, prese una ad una, denotano sufficientemente, come il “personaggio sia eccezionale”, don Luigi rimane, pur tuttavia, e fino all’ultimo, un sacerdote, silenzioso, pacato, tutto dedito al servizio dei fratelli, e a seguire, con amore ed obbedienza, gli ospiti della sua casa. A testimonianza di questa sua straordinaria capacità di donarsi ci piace ricordare, oltre alle sue costanti visite ai carcerati, anche qualcosa che don Luigi svolse quotidianamente per tutto l’arco della sua vita sacerdotale e che non ha lasciato tracce evidenti come le attività prima ricordate: le sue instancabili visite in ospedale per confortare, incoraggiare, e, se del caso, accompagnare un’agonia, o, infine, forse solo a chiudere pietosamente gli occhi a chi lasciava questo mondo per riaprirli nella casa del Padre. Questa silenziosa attività si è interrotta prematuramente solo col suo stesso ingresso in ospedale al primo insorgere della breve, ma letale, malattia che lo portava a ritrovare, nello splendore dell’amore del Padre predicato per un’intera vita, tutti gli sguardi a cui aveva sorriso, tutte le mani che aveva stretto, tutti i visi su cui, sempre, si era chinato sorridendo con infinito amore.