Sono arrivato nell’82, avevo 25 anni. All’Aravecchia c’erano già due senegalesi, io ero il terzo. Arrivavo da Milano dove ero stato per un po’. C’era un senegalese che aveva conosciuto don Luigi ma anche alla stazione centrale avevo sentito che c’era un prete a Vercelli, così sono venuto qui e non sono più tornato a Milano. Per fortuna abbiamo trovato uno come don Luigi, lui dava da mangiare a tutti, non ha mai rifiutato il cibo a nessuno e questa secondo me era la sua forza. A quei tempi eravamo i primi immigrati, non c’erano né marocchini, né albanesi o rumeni. Eravamo ben accetti dalla gente, nei bar ci insegnavano perfino il dialetto e noi abbiamo approfittato per imparare (…”dui puvron muià ‘ntl’oli”..), era molto diverso, adesso è tutto cambiato.
Quando io ho conosciuto il Don, per dire Dio cosa fa, non aveva proprio nulla, noi raccoglievamo cartone, ferro, lavoravamo molto e lui accoglieva tutti e da mangiare ce n’era sempre, ci arrangiavamo, non come adesso, ma molti gli davano qualcosa. Mi ricordo che veniva anche lui con noi dai Cuttaia che vendevano frutta e ci davano qualcosa. Era già conosciuto a Vercelli e ci siamo sempre arrangiati per mangiare, non ne è mai mancato. Certo un altro come don Luigi non c’è, adesso infatti si sente molto la sua mancanza, lui riusciva a coordinare tutto.
Io sono musulmano. Don Luigi non ha mai fatto differenze, quando arrivavi lì quello che eri, eri, non ha neanche mai toccato il tasto della nostra religione, era aperto a tutti. Però ti parlava di Cristo e quello era logico.
Per me lui era tutto e oggi è come se ci fosse ancora, anche se manca c’è sempre la sua presenza perché se siamo qui, attorno a questo tavolo lungo, è grazie a lui ed era il suo desiderio, e questo l’ha detto anche il Vescovo, di continuare quello che faceva lui, quindi c’è sempre la sua presenza. Qui era l’unico posto dove poter iniziare. Molti ora hanno famiglia, ma hanno cominciato qui.
Con me scherzava anche e poi avevamo un’intesa particolare: siccome io ero molto rispettoso, lui per dare ordini agli altri li dava a me, io capivo che il messaggio non era diretto a me ma lui parlava con me perché sentissero tutti gli altri, io capivo che lui faceva così perché c’era rispetto reciproco.
Dio gli è venuto incontro nel suo desiderio di aiutare l’altro e lui hai visto cos’ha fatto? Non avevamo proprio niente ma è arrivato a creare quello che ha creato. Lui aveva scelto Cristo. Aveva tanti altri progetti di bene, purtroppo è mancato troppo presto.
All’inizio, appena tornato dal Brasile, si occupava degli alcolisti e girava dappertutto con la bici, non ha mai voluto la patente. Ricordo che una volta si è addormentato in treno e invece di scendere alla fermata è arrivato fino al deposito, quando l’anno trovato hanno pensato che fosse un barbone! Lui ha detto che era un prete ma nessuno ci credeva!
BABUCAR